venerdì 8 gennaio 2016

La Green Economy fa bene all'occupazione!


Ci sarà un motivo perché l’Italia è uno dei soli cinque paesi al mondo – insieme a Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone – che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari o perché le sue imprese sono tra le più competitive al mondo. Perché l’industria italiana del legno arredo con 10 miliardi di dollari di surplus è seconda nella graduatoria internazionale per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina (80 miliardi)? E ancora, è vero che oltre un quinto della domanda internazionale di prodotti della nautica da diporto è assorbito dal made in Italy?
Anche quest’anno Symbola con 2016: l’Italia in 10 selfie propone una lettura dell’economia italiana che ne evidenzia e sottolinea quei caratteri innovativi necessari per affrontare la crisi ed essere protagonisti della sfida del clima. Il primo tracciante che emerge prepotentemente è quello della green economy, un vero e proprio turbo per le imprese italiane. Sono infatti ben 372mila le aziende tricolore (il 24,5% dell’imprenditoria extra-agricola, nella manifattura addirittura il 32%) che durante la crisi hanno scommesso sulla green economy, che oggi vale il 10,3% dell’economia nazionale. Con vantaggi competitivi in termini di export (il 43,4% delle imprese manifatturiere eco-investitrici esporta stabilmente, contro il 25,5% delle altre) e di innovazione, la green economy fa bene anche all’occupazione. Nel 2015, tra green jobs propriamente detti e posti di lavoro in cui sono richieste competenze green, il 59% delle assunzioni previste è legato alla green economy: un esercito di 294mila nuovi lavoratori.
Sono dati che spiegano perché il modello produttivo italiano è in Europa tra i più innovativi ed efficienti in campo ambientale. A partire dai consumi energetici e dalle emissioni inquinanti: con 15 tonnellate di petrolio equivalente per milione di euro prodotto, tra i big player europei solo il Regno Unito (12 t) – che però ha un’economia meno manifatturiera della nostra, più legata a servizi e finanza – fa meglio dell’Italia. E con 113 tonnellate di anidride carbonica per milione di euro il Belpaese è secondo solo alla Francia (91 tonnellate). Siamo inoltre campioni europei nella riduzione degli scarti del sistema produttivo, leader nell’industria del riciclo e portabandiera dell’economia circolare. Con 40,1 tonnellate di rifiuti ogni milione di euro prodotto l’Italia è ben più efficiente di Regno Unito (49,8), Spagna (50,1), Germania (63,7) e Francia (83,5).
Siamo all’avanguardia anche per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabile. Primi in Europa nel biologico per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie coltivata. Il secondo tracciante che insieme a quello green ha reso l’economia italiana più innovativa, competitiva e capace di misurarsi con la sfida principale della nostra contemporaneità, e cioè la sostenibilità, è quello legato alla creatività, alla cultura e alla bellezza. Siamo secondi solo dietro alla Germania per numero di brevetti europei per il design depositati negli anni 2010- 2014. E alla filiera della cultura – 443.000 aziende che danno lavoro a 1,4 milioni di persone – l’Italia deve 84 miliardi di euro, il 5,4% della ricchezza prodotta. Questi 84 miliardi ne mettono in moto altri 143: 1,7 euro per ogni euro prodotto dalla cultura. 

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