giovedì 21 gennaio 2016

Gli animali più 'smart' sono quelli con cervello più grande



Gli animali, uomo compreso, che hanno un cervello 'grande' - se messo in relazione col resto del corpo - sono anche i migliori "problem solver", insomma più intelligenti di quelli che hanno un cervello piccolo rispetto alla massa corporea. Il nesso tra cervello grande, più evoluto, e intelligenza di una specie non è una novità, ma finora ha rappresentato un'idea scientifica controversa in mancanza di prove significative. Ora c'è uno studio americano che supporta questa teoria con un grande esperimento 'ad hoc'. Lo studio, guidato dall'Università del Wyoming, è descritto sulla rivista Pnas. 

I ricercatori hanno viaggiato per 9 zoo americani e hanno messo 140 animali di 39 specie (mammiferi carnivori) davanti ad un medesimo "problema": recuperare il proprio cibo preferito da una gabbia con sbarre di metallo, chiusa. Sono state coinvolte specie più note, come gli orsi polari, le tigri, i lupi, le iene, ma anche animali più rari come i binturong (o gatti orsini) e i leopardi delle nevi. A ogni animale sono stati dati 30 minuti di tempo per tentare di estrarre il cibo dalla gabbia (in base alla specie questa veniva riempita con il cibo di cui l'animale è più ghiotto, bambù per i panda rossi o bistecche per i leopardi). 

Per accedere al cibo occorreva attivare un meccanismo di apertura della porta della gabbia. Ne è risultato che ad avere più chance di riuscita sono state quelle specie con un cervello dalle dimensioni più grandi - sempre in relazione alla struttura corporea - rispetto agli animali col cervello più piccolo. "Complessivamente - spiega Ben Dantzer, dell'Università del Michigan, tra gli autori dello studio - il 35% degli animali (49 esemplari di 23 specie) è riuscito nel 'problem solving'. Gli orsi sono stati i più bravi, risolvendo il problema nel 70% delle volte. Il suricato e la mangusta i peggiori: nessun esemplare di queste specie è riuscito nell'intento".

martedì 19 gennaio 2016

Ban Ki-moon, energie rinnovabili possono salvare milioni di vite



Assicurando l'accesso a energie economiche, affidabili, sostenibili e moderne per tutti, uno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, si possono salvare milioni di vite. Lo ha detto il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, nel discorso di apertura del World Future Energy Summit in corso ad Abu Dhabi, in cui ha sottolineato che "l'energia sostenibile è il filo che collega crescita economica, equità sociale e i nostri sforzi per combattere il cambiamento climatico".


"Per mantenere l'aumento della temperatura globale entro i due gradi o anche entro un grado e mezzo, abbiamo bisogno di far crescere l'energia pulita e sostenibile", che "non solo aiuterà a salvaguardare il futuro del Pianeta, ma salverà 4,3 milioni di vite all'anno", cioè il numero stimato di persone - soprattutto donne e bambini - che ogni anno muoiono prematuramente per l'inquinamento derivante da metodi di cottura indoor che fanno uso di legna, carbone e scarti animali, ha sottolineato Ban nell'intervento pronunciato ieri.


Il segretario generale delle Nazioni Unite ha rimarcato l'importanza dell'accordo di Parigi sul cambiamento climatico siglato a dicembre, e ha chiamato all'azione "governi, settore privato, organizzazioni regionali e internazionali". Raggiungere l'obiettivo sull'accesso universale alle energie pulite prima del 2030, ha aggiunto, "migliora le nostre possibilità di raggiungere gli obiettivi globali sulla sicurezza alimentare, la salute, l'istruzione e l'occupazione".


Anche per questo, ha concluso Ban, "ogni dollaro delle migliaia di miliardi che saranno spesi in infrastrutture nei prossimi 15 anni dovranno essere investiti in progetti sostenibili dal punto di vista climatico, che guideranno la crescita di beni e servizi a basse emissioni di carbonio".

venerdì 15 gennaio 2016

Danimarca, nuovo record mondiale per l'eolico


La Danimarca supera ancora se stessa e mette a segno un nuovo record mondiale per l'energia eolica: nel 2015 le turbine danesi hanno generato una quantità di energia pari al 42% dei consumi elettrici del Paese. Lo afferma Energinet, compagnia che gestisce le reti energetiche in Danimarca, sottolineando che si tratta di un nuovo record, in crescita da quello del 39,1% registrato nel 2014.

Per circa 1.460 ore (sulle 8.760 di un anno), il sistema elettrico della Danimarca occidentale ha prodotto più energia eolica del totale dei consumi della stessa area. Il surplus, a volte del 16%, viene esportato a Paesi vicini come Norvegia, Svezia e Germania. Invece la Danimarca compra idroelettrico dalla Norvegia e solare dalla Germania.

Il Parlamento danese punta a fare in modo che il Paese riceva dal vento almeno la metà dell'energia elettrica entro il 2020.

Un obiettivo che secondo le stime, scrive Energinet, potrebbe essere raggiunto. Entro il 2030 il Paese spera di ottenere il 90% di elettricità e riscaldamento da fonti rinnovabili.

mercoledì 13 gennaio 2016

Jeans, ecologia e star in passerella a Pitti Uomo 2016



Moda, prima di tutto. E poi personaggi e star. Come ambassador dei brand (dal Volo a Stefano de Martino ad Alfredo Rapetti, figlio di Mogol) . E quindi eventi, cocktail party. Fino al 15 gennaio, in una Fortezza da Basso praticamente blindata, fari su Pitti Uomo 2016, (all’inaugurazione il ministro Franceschini). “Generation(s)”, ovvero una moda senza confini, età, generi ed etichette, il tema di questa edizione numero 89. Attese, le sfilate del giovane stilista coreano Juun.J e di Marco De Vincenzo, collaboratore di Fendi da 15 anni e designer con il suo marchio in joint venture con Lvmh. Tra le novità anche la sfilata di ethical fashion, “Generation Africa”, con i talenti del Made in Africa e, per la prima volta, l’International Woolmark Prize dedicato al menswear con Fondazione Pitti Discovery.

Fiera Pitti Uomo 89
Il primo trend da Firenze: denim, denim e denim. All’insegna dell’ecologia. E dello street style. Non a caso il precursore dei blogger del genere, Scott Schuman, presenta la sua capsule collection di pezzi con Roy Roger’s, storico brand jeans. Tanta ecologia anche nei piumini senza piume di animali, un trend sempre più amato. Save The Duck festeggia i 50 anni del Wwf Italia con una collezione di 50 nuance, una per ogni animale habitat  a rischio.

Tra le celeb, personaggi tv. Come Emma Morton da Piquadro per la nuova Pulse, una collezione di zaini, borse, borsoni e trolley connessi al nostro smartphone, grazie ad un dispositivo. Per il party di Liu Jo Uomo c’era Roberto Giuliano, in arte React TJ, con il suo sound elettronico ottenuto attraverso un tavolo musicale, reso celebre anche grazie a Italia’s Got Talent. Il Volo, invece, ha indossato giubbotti da moto e da Star Wars per Matchless London. L’olimpico Jury Chechi, infine, è stato invitato al cocktail di Massimo Rebecchi per il lancio della sua collezione urban style. Belen, infine, ha animato lo show di Guess: ne è la nuova testimonial.

lunedì 11 gennaio 2016

Mobilità sostenibile in Italia: i dati



È appena uscito il nono rapporto sulla Mobilità sostenibile in Italia. La città che risulta più ecologicasi rivela Venezia. Sono stati analizzati tutti i capoluoghi di Regione, i due capoluoghi delle Province autonome (Trento e Bolzano) e i capoluoghi di provincia con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti. Dopo la città lagunare, al secondo posto troviamo Brescia e al terzo posto Torino: tutte città del Nord. Palermo, tra le città del Sud, non è tra le prime dieci ma si fa notare grazie all’introduzione del servizio su area vasta insieme a sole altre 3 realtà italiane (Trento, Bolzano e Torino). Roma si posiziona al diciassettesimo posto mentre in coda arrivano Reggio Calabria, Potenza e L’Aquila, che risultano le più insostenibili. Il primo posto va a Venezia non solo perché ha l’area pedonale più estesa tra le città esaminate e il più basso indice di motorizzazione, vista la sua configurazione, ma anche perché il trasporto pubblico risulta efficiente e soprattutto per il successo dello “sharing” messo in atto, sia a livello di bici che di auto, dove il servizio risulta il migliore per offerta e per numero di corse mensili per ogni auto disponibile.In generale sembra proprio dipendere dalla condivisione dei mezzi di trasporto il successo di queste città, che segnano un calo dell’indice dimotorizzazione dello 0,5%, in controtendenza con la media nazionale (+0,2%). I veicoli a basso impatto raggiungono una percentuale dell’8,5%, cifra sulla quale incide molto di più la presenza di veicoli a metano e GPL (8,3%), rispetto a quella di veicoli a trazione ibrida o elettrica (0,21%).Gli utenti dei servizi di bike sharing sono cresciuti rispetto all’anno precedente di quasi 11 punti percentuali e quelli dei servizi di car sharing convenzionale di oltre 21, raggiungendo questi ultimi quasi quota 30.000, ai quali si aggiungono gli utenti dei servizi di car sharing cosiddetti free floating, almeno dieci volte tanto a fine 2014. La situazione per i trasporti pubblici non è però positiva, visto che 43 città su 50 contano una riduzione ulteriore del servizio.

venerdì 8 gennaio 2016

La Green Economy fa bene all'occupazione!


Ci sarà un motivo perché l’Italia è uno dei soli cinque paesi al mondo – insieme a Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone – che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari o perché le sue imprese sono tra le più competitive al mondo. Perché l’industria italiana del legno arredo con 10 miliardi di dollari di surplus è seconda nella graduatoria internazionale per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina (80 miliardi)? E ancora, è vero che oltre un quinto della domanda internazionale di prodotti della nautica da diporto è assorbito dal made in Italy?
Anche quest’anno Symbola con 2016: l’Italia in 10 selfie propone una lettura dell’economia italiana che ne evidenzia e sottolinea quei caratteri innovativi necessari per affrontare la crisi ed essere protagonisti della sfida del clima. Il primo tracciante che emerge prepotentemente è quello della green economy, un vero e proprio turbo per le imprese italiane. Sono infatti ben 372mila le aziende tricolore (il 24,5% dell’imprenditoria extra-agricola, nella manifattura addirittura il 32%) che durante la crisi hanno scommesso sulla green economy, che oggi vale il 10,3% dell’economia nazionale. Con vantaggi competitivi in termini di export (il 43,4% delle imprese manifatturiere eco-investitrici esporta stabilmente, contro il 25,5% delle altre) e di innovazione, la green economy fa bene anche all’occupazione. Nel 2015, tra green jobs propriamente detti e posti di lavoro in cui sono richieste competenze green, il 59% delle assunzioni previste è legato alla green economy: un esercito di 294mila nuovi lavoratori.
Sono dati che spiegano perché il modello produttivo italiano è in Europa tra i più innovativi ed efficienti in campo ambientale. A partire dai consumi energetici e dalle emissioni inquinanti: con 15 tonnellate di petrolio equivalente per milione di euro prodotto, tra i big player europei solo il Regno Unito (12 t) – che però ha un’economia meno manifatturiera della nostra, più legata a servizi e finanza – fa meglio dell’Italia. E con 113 tonnellate di anidride carbonica per milione di euro il Belpaese è secondo solo alla Francia (91 tonnellate). Siamo inoltre campioni europei nella riduzione degli scarti del sistema produttivo, leader nell’industria del riciclo e portabandiera dell’economia circolare. Con 40,1 tonnellate di rifiuti ogni milione di euro prodotto l’Italia è ben più efficiente di Regno Unito (49,8), Spagna (50,1), Germania (63,7) e Francia (83,5).
Siamo all’avanguardia anche per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabile. Primi in Europa nel biologico per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie coltivata. Il secondo tracciante che insieme a quello green ha reso l’economia italiana più innovativa, competitiva e capace di misurarsi con la sfida principale della nostra contemporaneità, e cioè la sostenibilità, è quello legato alla creatività, alla cultura e alla bellezza. Siamo secondi solo dietro alla Germania per numero di brevetti europei per il design depositati negli anni 2010- 2014. E alla filiera della cultura – 443.000 aziende che danno lavoro a 1,4 milioni di persone – l’Italia deve 84 miliardi di euro, il 5,4% della ricchezza prodotta. Questi 84 miliardi ne mettono in moto altri 143: 1,7 euro per ogni euro prodotto dalla cultura. 

giovedì 7 gennaio 2016

L'Era Glaciale è in ritardo!


Forse una cosa positiva, la mano feroce dell’uomo sul pianeta, la porterà: un ritardo globale della prossima era glaciale che slitterà di almeno 100.000 anni! L’eccessiva quantità di CO2 immessa nell’atmosfera dal nostro inquinamento sta stravolgendo anche questo passo inevitabile del ciclo storico della vita della Terra.
Non è una cosa su cui cullarsi, o di cui andar fieri, perchè comunque avrà delle conseguenze. Era meglio se non fosse mai successa, ovviamente, ma dato che siamo in ballo meglio informarsi su quel che sta succedendo. Se la concentrazione dei gas-serra dovesse aumentare ancora, dicono gli esperti, il periodo che stiamo vivendo (chiamato Olocene, ovvero l’intervallo tra un’era glaciale e l’altra) potrebbe essere il più lungo mai registrato finora. 
I periodi “interglaciali” di solito durano tra i 10 e i 15.000 anni, per poi cedere il posto alle grandi glaciazioni che storicamente tornano per durare altri 100.000 anni. Il nostro Olocene invece durerà molto, molto più dei 15.000 anni previsti. Al punto che si prospetta l’invenzione di una nuova “era”, detta Antropocene. Sì, avete capito bene. La parola “antropos” indica l’uomo. L’era che ci siamo cuciti addosso, con le nostre mani, è l’era del dominio dell’uomo sul clima. Il caldo durerà a lungo, le glaciazioni ritarderanno di millenni, e da questo la Terra ne uscirà stravolta, cambiata per sempre. Non possiamo sapere se in meglio o in peggio. Forse ci trasformeremo in un altro desolato Marte… oppure ci adatteremo a respirare veleni. Lo scopriremo sopravvivendo come specie.