venerdì 10 febbraio 2017

Con il mare non si scherza



Zuppe di plastica: così vengono definiti quegli agglomerati di varie plastiche e simili che, finiti in mare e portate via dalle correnti, si ritrovano e si amalgamano tutte assieme laddove convergono le correnti. Tra le tante plastiche che formano questi degradanti habitat, micidiali per molte specie animali, ci sono anche micro particelle rilasciate durante il lavaggio dei vari capi di abbigliamento e dal rotolamento di pneumatici lungo le strade: singolarmente invisibili e praticamente indistruttibili, trasportate dai venti e dalle piogge, queste particelle prima o poi si inabissano e dopo un altro viaggio più o meno lungo alimentano infine le zuppe di plastica.

Lo studio dei rivoli che portano plastica in mare appartiene allo IUCN, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, che ha esaminato i dati provenienti da ben sette regioni marine del pianeta per elaborare un modello che permetta di monitorare le principali sorgenti di plastica che ogni anno finiscono negli oceani. Il risultato? Una percentuale compresa tra il 15 e il 31 per cento proviene dall’abrasione di pneumatici e dal degrado di tessuti sintetici rilasciati durante il lavaggio.

La gomma sintetica costituisce circa il 60% del corpo dei pneumatici. Inger Andersen, direttore generale dell’IUNC, ammette che «i risultati dello studio sono stati una sorpresa: queste microplastiche indistruttibili sono quello che i nostri veicoli lasciano sulle strade e che finisce nei fiumi e nei mari!»

E non è tutto: il 2% di questi materiali è costituito da microsfere presenti nei cosmetici, e ancora «nessuno aveva finora pensato che anche solo lavare un vestito sintetico potesse avere un'effetto a distanza così disastroso per la biodiversità degli oceani e, lungo la catena alimentare, sulla salute umana, perché di questi prodotti si nutrono pesci e uccelli», aggiunge la Andersen.

Non è semplice identificare soluzioni efficaci sul fronte dei cosmetici, dell'abbigliamento e degli pneumatici. Per questi ultimi, un primo, piccolo passo sarebbe quello di migliorare lo stato delle strade: buche e irregolarità varie aumentano l'erosione sulle gomme.

Un esempio da seguire potrebbe essere quello realizzato in Emilia-Romagna, dove una sperimentazione su manti stradali realizzati con speciali mix che contengono anche plastiche recuperate dagli pneumatici sembra aver avuto successo: una strada realizzata in questo modo una decina di anni fa, è ancora oggi in perfetto stato.

Una sperimentazione di successo e interessante (ha evitato la discarica di un gran numero di gomme, "silenzia" le strade e sembra capace di ridurre l'usura degli pneumatici) e per fortuna non unica in Italia.

Non c'è invece ancora alcuna ipotesi su come ridurre l'impatto dovuto all'abbigliamento sintetico durante il lavaggio. 



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