giovedì 21 maggio 2020

Il trattamento dell’aria con l’OZONO
elimina il 99,98% dei microrganismi!


La sanificazione con l’ozono elimina gli organismi dannosi. Lo fa attraverso il trattamento dell’aria e dei condotti di aerazione, purificando l’acqua e disinfestando tutte le superfici. Inoltre la sanificazione è indispensabile per le imprese che affrontano la riapertura e le Fasi 2 e 3 programmate dal Governo.


COSA ELIMINA L’OZONO?
VIRUS E BATTERI
Diversi studi scientifici hanno dimostrato l’efficacia del trattamento con l’ozono contro i virus e i batteri più conosciuti. La Food and Drug Administration e il Ministero della Salute hanno confermato questi studi.
MUFFE E SPORE
L’ozono elimina oltre il 99,98% di muffe, funghi, lieviti, pollini e acari. Ecco perché è efficace contro allergie, asme e infezioni: abbatte la carica microbica presente nell’aria e sulle superfici lasciando l’ambiente sano e pulito.
INSETTI
L’ozono è anche un ottimo repellente naturale. È efficace contro mosche, zanzare, pulci, scarafaggi, formiche, cimici, tarme e piccoli roditori. Inoltre agisce anche in fase di prevenzione perché elimina gli odori che attirano gli insetti ed elimina i batteri che ne causano le moltiplicazione

Affidati al nostro team di esperti in #sanificazione!

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venerdì 1 maggio 2020

La Festa dei lavoratori viene celebrata il 1º maggio di ogni anno in molti paesi del mondo, per ricordare tutte le lotte per i diritti dei lavoratori!
Ad oggi, auguriamo una buona Festa a chi non si è mai fermato e a chi non vede l'ora di ripartire!
Un ringraziamento a tutti nostri collaboratori che non si fermano mai e a tutti coloro che ci scelgono ogni giorno!
Buon Primo Maggio a tutti voi!

lunedì 20 aprile 2020

Rafforzare le difese immunitarie è un bisogno a cui provvedere quando vengono compromesse o indebolite da fattori come lo stress, certe patologie, l'uso smodato di antibiotici, il freddo, il cambio di stagione, l'alimentazione impropria, l'inadeguato riposo notturno ecc. In questi frangenti, la scarsa efficacia dell'esercito immunitario comporta una maggiore suscettibilità alle infezioni (malattie scatenate da agenti infettivi quali batteri, virus, funghi e parassiti)
Il modo migliore e più efficace per rafforzare le difese immunitarie è adottare uno stile di vita sano, il che comporta: una dieta ricca di frutta e verdura, l’esercizio fisico regolare, non fumare, non eccedere nell'uso di sostanze alcoliche, mantenere sotto controllo il peso corporeo e la pressione arteriosa, dormire almeno 7-8 ore per notte, e osservare scrupolosamente le norme di corretta igiene personale.
Se lo stile di vita sano dovesse aver bisogno di un sostegno, può risultare di aiuto ricorrere al variegato gruppo di piante medicinali ad azionee immunostimolante e adattogena, che la natura offre da sempre.

Rafforzare le difese immunitarie
Rafforzare le difese immunitarie è una necessità che scatta nel momento in cui qualcosa le indebolisce, rendendo l'organismo della persona interessata più suscettibile alle infezioni e ad altre problematiche.
Cosa indebolisce le difese immunitarie?
Oggi, le cause principali dell'indebolimento delle difese immunitarie sono: lo stress, alcune patologie (es: raffreddore), l'uso smodato degli antibiotici, svariati fattori ambientali (es: freddo, umidità, cambio di stagione, eccessiva esposizione solare ecc.), un'alimentazione impropria, l'inadeguato riposo notturno, la sedentarietà, l'affaticamento fisico e l'avanzare dell'età.
-Stress: le condizioni che causano uno stress psico-fisico indeboliscono il sistema immunitario, in quanto lo sottopongono a un maggior carico di lavoro. Facendo un paragone, è come se lo stress affaticasse il sistema immunitario affidandogli numerosi incarichi e quest'ultimo, di conseguenza, divenisse meno efficiente.
-Uso smodato degli antibiotici: a livello intestinale,  il corpo umano ospita batteri particolari, con cui stabilisce un rapporto di simbiosi: in cambio dell'ospitalità offerta dall'intestino, questi batteri - che nel loro insieme sono detti flora batterica - garantiscono vari servigi, tra cui: smorzare la proliferazione di quei microrganismi potenzialmente patogeni presenti di norma in alcuni distretti dell'organismo. 
-Sedentarietà e inadeguato riposo notturno: studi scientifici hanno evidenziato che le persone sedentarie e quelle che dormono meno si ammalano più facilmente degli individui con una vita attiva e di coloro che dormono 7-8 ore per notte.
Pertanto, i ricercatori hanno concluso che vi sia un collegamento tra l'indebolimento del sistema immunitario e fattori come la sedentarietà e un riposo notturno insufficiente.
-Alimentazione impropria: per esempio, l'inadeguato apporto proteico compromette la produzione e la funzionalità di quelle glicoproteine che costituiscono una parte fondamentale del sistema immunitario
-L’età avanzata: l'invecchiamento fa sì che gli organi immunitari produttori di globuli bianchi siano meno efficaci. Purtroppo, è un destino che spetta inevitabilmente all'organismo umano e contro cui è impossibile opporsi in modo radicale.


Come rafforzare le difese immunitarie?
Secondo il parere unanime della comunità medico-scientifica, il modo migliore per rafforzare le difese immunitarie è adottare uno stile di vita sano. Del resto, è un dato di fatto che, con l'adozione di uno stile di vita sano, qualsiasi organo, apparato e sistema del corpo umano - compreso il sistema immunitario - funziona meglio e in modo più efficace.
Il rafforzamento delle difese immunitarie, attraverso comportamenti di vita sana, si fonda su alcuni capisaldi, che sono:
-La dieta appropriata. La consuetudine di consumare frutta, verdura, cereali integrali e yogurt, associata magari all'assunzione di prebiotici e probiotici (fermenti lattici vivi), e la buona abitudine di limitare l'assunzione di cibi ricchi di grassi saturi, sono alla base di un regime alimentare corretto nonché atto a rinvigorire il sistema immunitario
-L’attività fisica. Lo sport aiuta a potenziare il sistema immunitario, purché praticato in modo intelligente, equilibrato e senza eccessi.
In merito agli effetti benefici dello sport sulle difese immunitarie, interessanti studi scientifici hanno dimostrato che l'esercizio fisico regolare migliora la funzione dei neutrofili, ossia una delle componenti cellulari costituenti i globuli bianchi.
-Il mantenimento nella norma del peso corporeo. Questo aspetto è strettamente connesso a un regime alimentare equilibrato e a un esercizio fisico costante.
-La limitazione delle bevande alcoliche. L' abuso di alcol nuoce gravemente alla salute e ha un effetto depressivo sul sistema immunitario.
-Non fumare. Chiunque ha sentito parlare degli innumerevoli danni del fumo di sigaretta; tra questi danni, rientra anche l'indebolimento delle difese immunitarie.
-Dormire a sufficienza. Durante il sonno notturno, il corpo umano rielabora le proteine introdotte con la dieta e se ne serve per combattere i potenziali patogeni. Chi non dorme abbastanza, nel corso della notte, non riesce a utilizzare le proteine per il suddetto scopo, quindi è più vulnerabile alle infezioni.
-Il mantenimento nella norma della pressione sanguigna.
-Osservare le norme di corretta igiene personale.
Se la correzione delle abitudini alimentari, lo sport, la limitazione del consumo di alcolici ecc. non fossero sufficienti a ravvivare le difese immunitarie, è possibile avvalersi delle risorse che la natura offre da sempre all'essere umano: il variegato gruppo di piante medicinali ad azione immunostimolante e adattogena. Queste piante, infatti, rappresentano un ottimo aiuto al rafforzamento del sistema immunitario indebolito.



lunedì 16 marzo 2020

Restiamo uniti, restando a casa!
Insieme ce la faremo! 💪🏼❤️
Forza Arezzo!!!🇮🇹

venerdì 6 marzo 2020

Festa Della Donna

La Giornata Internazionale della Donna ricorre l'8 Marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo.
Questa celebrazione si è tenuta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1909, in alcuni paesi europei nel 1911 e in Italia nel 1922.
Sull’origine della festa c’è una leggenda da sfatare. Riguarda il presunto incendio in una fabbrica di camicie di New York, che l’8 marzo del 1911 avrebbe provocato la morte di 134 operaie, intrappolate dalle uscite sbarrate dei locali. Su questo racconto, in realtà, non esiste certezza né sulle date, né sul numero di vittime, e nemmeno sulla veridicità. Eppure è l’episodio più ricordato durante questa ricorrenza per il suo valore simbolico.


La storia, in verità, è più complessa e affonda le radici nel febbraio del 1909, quando il Partito socialista americano propose di celebrare una giornata dedicata all’importanza delle donne nelle società. Iniziativa ripresa l’anno successivo dall’attivista Clara Zetkin, che durante la seconda Conferenza Internazionale delle Donne tenutasi a Copenaghen, riprese l’idea di fissare un giorno per questa festa. Fu però solo a Mosca nel 1921, durante la Seconda conferenza delle donne comuniste, che si stabilì l’8 marzo come data unica per tutti i paesi, in ricordo della manifestazione contro lo zar a San Pietroburgo del 1917, cui parteciparono moltissime donne. Tuttavia si deve aspettare il 1975, Anno internazionale della donna, per ottenere il riconoscimento della celebrazione ufficiale da parte dell' ONU che, nel 1977, dichiarerà l’8 marzo Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale.


lunedì 17 febbraio 2020

Giornata mondiale del Gatto

Il 17 Febbraio è il giorno dell’anno dedicato al più infedele degli animaletti da compagnia, il gatto.🐈❤️

La festa del gatto venne introdotta nel 1990 da un referendum proposto ai lettori della rivista “Tuttogatto”.
La giornalista ideatrice dell’iniziativa, Claudia Angeletti, chiese appunto ai lettori di indicare il giorno più consono da dedicare alla festa dei mici, e la risposta scelta fu appunto il 17 di Febbraio. 

Ecco le motivazioni :
Febbraio dal punto di vista zodiacale è legato al segno dell’acquario, il segno dell’intuito, della libertà  e dell’anticonformismo; caratteristiche tipiche dei gatti! 

venerdì 10 gennaio 2020

La verità sugli incendi in Australia.



Gli incendi hanno percorso da ottobre a oggi circa 8 milioni di ettari di territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland – una superficie doppia a quella degli incendi del 2019 in Siberia e in Amazzonia combinati, e pari ai quattro quinti di tutte le foreste italiane. In sole quattro annate, negli ultimi 50 anni, la superficie bruciata in New South Wales ha superato un milione di ettari, e oggi ha quasi raggiunto il doppio della seconda annata più drammatica (il 1974 con 3,5 milioni di ettari percorsi).


Un altro aspetto inedito è la simultaneità dei fuochi su territori enormi, che di solito si alternano nell’essere soggetti a incendi. E non siamo che all’inizio dell’estate (le stagioni in Australia sono spostate di sei mesi rispetto alle nostre, quindi ora è come se fosse l’inizio di luglio), perciò queste cifre saliranno ancora, potenzialmente fino a 15 milioni di ettari percorsi dal fuoco. L’Australia è grande 769 milioni di ettari, quindi non possiamo dire che stia “bruciando un continente”. Inoltre, nelle savane del centro-nord bruciano in media 38 milioni di ettari di praterie (il 20 per cento del totale) ogni anno nella stagione secca, che in quella parte di paese è aprile-novembre. Ma si tratta di un ecosistema completamente diverso da quello che ora è in fiamme.


Si tratta soprattutto di foreste di eucalipto e del bush, una savana semi arida con alberi bassi, fitti o sparsi, fatta soprattutto di erbe e arbusti e simile alla macchia mediterranea. Si tratta di una vegetazione che è nata per bruciare: il clima dell’Australia centrale è stato molto arido negli ultimi 100 milioni di anni (da quando l’Australia ha compiuto il suo viaggio dall’Antartide alla posizione che occupa attualmente), e gli incendi causati dai fulmini sono stati così frequenti da costringere le piante a evolversi per superarli nel migliore dei modi: lasciarsi bruciare! Il fuoco infatti, se da un lato distrugge la vegetazione esistente, dall’altro apre nuovi spazi perché le piante si possano riprodurre e rinnovare. Molte specie del bush contengono oli e resine molto infiammabili, in modo da bruciare per bene e con fiamme molto intense quando arriva il fuoco. Poiché i semi di queste specie sono quasi completamente impermeabili al fuoco, questo stratagemma è l’unico modo per “battere” la vegetazione concorrente e riprodursi con successo sfruttando le condizioni ambientali avverse a proprio vantaggio. Tuttavia, questa volta le condizioni di siccità sono così estreme che sono in fiamme anche ecosistemi forestali tradizionalmente più umidi e raramente interessati dal fuoco.


In Australia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall’uomo per cause sia colpose che dolose (in Italia invece il 95 per cento ha cause antropiche, prevalentemente colpose). Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate, dove è meno probabile che arrivino le attività umane (con la possibile eccezione degli incidenti alle linee elettriche, che sono state responsabili anche dei devastanti incendi in California del 2017 e 2019). Secondo Ross Bradstock, dell’Università di Wollongong, un singolo incendio causato da fulmine (il Gospers Mountain Fire) ha già percorso da ottobre a oggi oltre 500.000 ettari di bush, e potrebbe essere il più grande incendio mai registrato nel mondo in tempi storici.
Stanno circolando notizie relative all’arresto di presunti incendiari. In parte sono state dimostrate essere false diffuse per negare il problema del clima. 
Inoltre non si tratta di piromani, in inglese la definizione di arson include sia il dolo che la colpa. Tuttavia è evidente che qui il problema non è cosa accende la fiamma, ma cosa la fa propagare una volta accesa – sono due fasi diverse e ben distinte.

Il 2019 è stato in Australia l’anno più caldo e più secco mai registrato dal 1900 a oggi. Nell’ultimo anno le temperature medie sono state 1,5 gradi più alte rispetto alla media 1961-1990, le massime oltre 2°C in più, ed è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente. Un’ondata di calore terrestre e marino ha fatto registrare nel paese temperature record a dicembre (42°C di media nazionale, con punte di 49), mentre la siccità si protrae ormai da ben due anni. Quando l’aria è calda e secca, la vegetazione perde rapidamente acqua per evaporazione e si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando anche le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua, cosa che avviene molto raramente, gli incendi possono durare più a lungo proprio come in un caminetto: i “pezzi” piccoli sono quelli che fanno accendere il fuoco, e quelli grandi sono quelli che bruciano per più tempo.
I combustibili forestali vengono infatti classificati come “combustibili da un’ora”, “da dieci ore”, “da cento” o “da mille ore” a seconda della loro dimensione e di quanto a lungo possono sostenere una combustione. Quello che diffonde le fiamme, invece, è il vento, che spinge l’aria calda generata dalla fiamma sulle piante vicine. Normalmente, gli incendi più vasti si verificano infatti in giornate molto ventose. Incendi molto grandi e intensi sono addirittura in grado di crearsi il vento da soli: l’aria calda sale così rapidamente da lasciare un “vuoto”: per riempirlo, accorre violentemente altra aria dalle zone circostanti. Il risultato è una firestorm, il “vento di fuoco”, con il quale l’incendio si auto-sostiene fino all’esaurimento del combustibile disponibile.

Per estinguere un incendio è necessario eliminare il combustibile. L’acqua e il ritardante lanciati dai mezzi aerei possono solo rallentare la combustione (raffreddando il combustibile o ritardando chimicamente la reazione di combustione), ma per eliminare il combustibile servono le squadre di terra. Incendi di chioma intensi come quelli che si stanno sviluppando in Australia possono generare fiamme alte decine metri, procedere a velocità superiori a dieci chilometri orari (la velocità di corsa di un uomo medio) e sviluppare una potenza di centomila kw per metro di fronte. Le squadre di terra non possono operare in sicurezza già con intensità di 4.000 kW per metro (25 volte inferiore a quella degli incendi più intensi).


Il bush australiano è un ambiente che desidera bruciare con tutte le sue forze, e bruciando migliora il suo stato di salute e la sua biodiversità – con i suoi tempi, rigenerandosi nel corso di anni o decenni. Anche gli animali conoscono il pericolo e molti sanno rispondere: la stima di mezzo miliardo di animali coinvolti (o addirittura un miliardo) rilanciata dai media è una stima grossolana e un po’ allarmista, che considera ad esempio anche gli uccelli che ovviamente possono volare e allontanarsi dall’area con l’importante esclusione dei piccoli e delle uova. Gli animali più piccoli e meno mobili (koala, ma anche anfibi, micromammiferi e rettili) possono effettivamente non riuscire a fuggire, e questi habitat saranno radicalmente modificati per molti anni a venire – molti animali non troveranno più condizioni idonee.
Altri, in compenso, ne troveranno addirittura di migliori. È un fenomeno noto in Australia quello per cui alcuni falchi sono in grado di trasportare rametti ardenti per propagare attivamente gli incendi su nuove aree, liberando così la visuale su nuovi territori di caccia. 
Gli incendi invece possono creare forti minacce alle specie rare di piante e sono soprattutto molto problematici per l’uomo: già 25 vittime per un totale di 800 morti dal 1967 a oggi, il fumo che rende l’aria pericolosa da respirare, proprietà e attività distrutte per miliardi di dollari di danni. In più, gli incendi creano erosione, aumentano il rischio idrogeologico e rischiano di rendere a loro volta ancora più grave la crisi climatica sia a livello globale, contribuendo all’aumento della CO2 atmosferica (306 milioni di tonnellate emesse finora secondo la NASA, quasi pari alle emissioni di tutto il paese nel 2018), che locale, depositando i loro residui sui ghiacciai neozelandesi che, resi così più scuri, rischiano di fondersi con maggiore rapidità.


La straordinaria siccità australiana è stata generata da una rara combinazione di fattori. Normalmente il primo anello della catena è El Niño, un riscaldamento periodico del Pacifico meridionale che causa grandi cambiamenti nella meteorologia della Terra, ma quest’anno El Niño non è attivo. Si è invece verificato con una intensità senza precedenti un altro fenomeno climatico, il Dipolo dell’oceano Indiano (IOD) – una configurazione che porta aria umida sulle coste africane e aria secca su quelle australiane.
A questo si è sovrapposto, a settembre 2019, un evento di riscaldamento improvviso della stratosfera (oltre 40 gradi di aumento) nella zona antartica, anch’esso straordinario, per cause “naturali”, che ha portato ulteriore aria calda e secca sull’Australia. Il terzo fenomeno è stato uno spostamento verso nord dei venti occidentali (o anti-alisei), i venti che soffiano costantemente da ovest a est tra 30 e 60 gradi di latitudine sui mari dei due emisferi terrestri. Lo spostamento verso nord degli anti-alisei (Southern Annular Mode) porta aria secca e calda sull’Australia, e sembra venga favorito sia dal climate change che, pensate un po’, dal buco dell’ozono. Il cambiamento climatico quindi c’entra eccome, sia nella sua azione diretta (l’aria australiana si è riscaldata mediamente di almeno un grado nell’ultimo secolo) sia indirettamente attraverso le sue influenze sulle grandi strutture meteorologiche dell’emisfero sud.


Molte critiche si sono concentrate sul governo australiano, responsabile di non impegnarsi abbastanza per raggiungere i già modesti impegni (riduzione delle emissioni del 28 per cento dal 2005 al 2030) che il paese aveva contratto volontariamente agli accordi a Parigi. Il problema principale è che l’economia dell’Australia è fortemente basata sull’estrazione e l’esportazione di carbone (soprattutto verso Giappone – 40 per cento dell’export –, Cina e India), un combustibile fossile la cui estrazione non è compatibile con il raggiungimento degli obiettivi di Parigi per contenere la temperatura della Terra al di sotto di 1.5 °C rispetto all’epoca preindustriale.
L’industria del carbone impiega quasi 40mila lavoratori australiani ed è fortemente sussidiata dal governo. L’attuale governo conservatore, come in altre parti del mondo, è tendenzialmente restio a decarbonizzare l’economia nazionale. Tuttavia non occorre confondersi: ogni nazione è connessa a ogni altra. Gli incendi in Australia non sono solo responsabilità del primo ministro Morrison o di chi l’ha eletto, ma di tutte le attività che nel mondo continuano a contribuire all’aumento della CO2 atmosferica – produzione e consumo di energia (30 per cento), trasporti (25 per cento), agricoltura e allevamento (20 per cento), riscaldamento e raffrescamento domestico (15 per cento) e deforestazione (10 per cento) – tutte cose di cui sei responsabile anche tu che leggi, e anche io che scrivo (sì, anche la deforestazione tropicale).


Tutti gli ultimi report dell’IPCC, delle istituzioni di ricerca australiane sull’ambiente, e dello stesso governo, concordano nel segnalare un aumento del pericolo incendi in Australia a causa del cambiamento climatico, con grado di probabilità “virtualmente certo”. Anche l’arrivo di configurazioni meteorologiche di grande pericolosità è monitorato e conosciuto con un buon anticipo. Gli allarmi sono stati diramati e le evacuazioni correttamente effettuate, a quanto mi è dato di sapere. Ma la sfida dei servizi di lotta agli incendi, valida anche in Italia, è come mantenere operativo un sistema che ha bisogno di attivarsi su vastissima scala solo una volta ogni decennio.
L’altro strumento per evitare gli incendi è la prevenzione, che viene svolta su grandi estensioni con la tecnica del “fuoco prescritto”, che elimina il combustibile utilizzando una fiamma bassa e scientificamente progettata (un tipo di intervento approvato anche da molti ecologisti australiani, e praticato da quarantamila anni dalle popolazioni aborigene). Nel 2018-2019 sono stati soggetti a questo trattamento 140mila ettari di territorio, la cui applicazione è però severamente limitata dalla mancanza di fondi e, sempre lui, dal cambiamento climatico, che riduce il numero di giorni con condizioni meteorologiche idonee ad effettuarlo. C’è da dire che l’intensità della siccità e degli incendi in corso avrebbe messo probabilmente in difficoltà anche i servizi e le comunità più preparate.


Ridurre le nostre emissioni con comportamenti collettivi e ad alto impatto. Sforzarci di vedere l’impronta del climate change e delle nostre produzioni e (soprattutto) dei nostri consumi in quello che sta succedendo. Il problema più grande che abbiamo è questo. I koala sono colpiti duramente, ma domani toccherà ancora ad altri animali, altri ecosistemi… altri uomini. E forse anche a noi.
Per chi vive a contatto con un bosco, informarsi sul pericolo di incendio e sulle pratiche di autoprotezione necessarie a minimizzare il rischio alla vostra proprietà: gli incendi colpiranno di nuovo anche in Italia, con sempre più intensità, e possibilmente in luoghi in cui non ve li aspettereste. Sapersi proteggere è estremamente importante.